La compassione è chiamata virtù solo dai décadents.
Il verme, calpestato, si rattrappisce. E questo è intelligente. Diminuisce così la possibilità di venir calpestato nuovamente. Nel linguaggio della morale: umiltà.
Non nel modo in cui un'anima si accosta all'altra, ma nel modo in cui se ne allontana, riconosco la sua parentela e affinità con l'altra.
In procinto di contrarre un matrimonio bisogna porsi la domanda: credi tu di poter ben conversare fino alla vecchiaia con questa donna? Ogni altra cosa nel matrimonio è transitori, mentre la maggior parte del tempo della vita comune è presa dalla conversazione.
Che cos'è la verità? Inerzia; l'ipotesi che ci soddisfa; il minimo dispendio di forza spirituale.
La gioia comune, e non il dolore comune, fa l'amico.
La vista continua di persone sofferenti fa diminuire continuamente la compassione. Invece, si diventa tanto più sensibili al dolore degli altri quanto più si è capaci di partecipare alla loro gioia.
Solo chi è molto infelice ha il diritto di compatire un altro.
È disperante frequentare persone per cui si prova disprezzo: essere obbligati, per pura cortesia, ad ammirare cose la cui insignificanza fa compassione.
Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita.
Solo la virtù concede un buon Karma e la più grande virtù è la compassione.
Non si può avere compatimento per gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi.
Nella dorata guaina della compassione si nasconde talvolta il pugnale dell'invidia.
Meglio essere invidiato che essere oggetto di compassione.
Se tutte le elemosine venissero date solo per compassione, i mendicanti sarebbero tutti quanti morti di fame.