Gli dèi sono l'incarnazione di quello che non potremo mai essere.
Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell'emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l'anima.
Non c'è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state!
In me ogni affetto si verifica in superficie, ma con sincerità. Sono stato sempre attore, e sul serio. Ogni volta che ho amato ho finto di amare, e ho finto come me stesso.
Tutto vale la pena se l'anima non è angusta.
Allo stesso modo in cui altre persone possono leggere brani della Bibbia, io leggo quelli della retorica. Ho il vantaggio del riposo e della assenza di devozione.
Preferirei sentir parlare di un barbone americano vivo piuttosto che di un dio greco morto.
Dagli dèi, dobbiamo imparare perlomeno una virtù: la discrezione. Essi si comportano in ogni caso come se non esistessero.
Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha.
Gli dei non danno mai tutte insieme le cose belle ai mortali.
Non sono da temere gli dèi; non è cosa di cui si debba stare in sospetto la morte; il bene è facile a procurarsi; facile a tollerarsi il male.
Chi ama la verità odia gli dèi, al singolare come al plurale.
Gli dèi ci creano tante sorprese: l'atteso non si compie, e all'inatteso un dio apre la via.
Che si siano sempre pregati gli dèi è umano, ma ciò non depone, a dire il vero, in favore della nostra eleganza. Meno che mai della loro.
È conveniente che esistano gli dei, e, siccome è conveniente, lasciateci credere che esistano.