La felicità è un agguato. Si viene presi alla sprovvista e forse è meglio così.
Uomini che non hanno la fede, come me, si appoggiano a piccoli fantasmi. Perciò frugo con ammirazione nella scrittura sacra la presenza del più colossale dei fantasmi, la divinità.
La bellezza non è superflua in nessun corpo animale, anzi è la perfezione raggiunta in un lavoro svolto.
Guardai in alto le risapute stelle: la lince, il cane minore, il toro, il cigno, il drago, tutto lo zoo fantastico del cielo. Dove gli astronomi videro forme animali collegando i punti, io leggevo le lettere dell'alfabeto ebraico.
A valle, nelle città, le parole sono aria viziata, escono dalla bocca straparlate, non portano conseguenze. ce le teniamo in bocca, costano energia e calore, usiamo le necessarie, e quello che diciamo poi facciamo. Quassù le parole stanno in pari con i fatti, fanno coppia.
Per quanto possa sembrare paradossale, quello che a molti di noi manca è il coraggio di tollerare la felicità senza autosabotarsi.
Le felicità come le sventure vanno sempre in frotte.
Chi è felice non si muove.
La felicità più che altro è un desiderio, è un'utopia.
Si può essere felici anche mangiando un cibo molto semplice, bevendo acqua pura e avendo come cuscino unicamente il proprio braccio ripiegato.
La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità.
Abbiamo soltanto la felicità che siamo in grado di capire.
Nulla giova alla felicità come sostituire il lavoro alle preoccupazioni.
La felicità è una realtà sfuggente, simile per certi versi a un'anguilla: ogni volta che pensi di averla catturata, ti sfugge.
La felicità o infelicità non si misura dall'esterno, ma dall'interno.