Occorre ridere soprattutto di noi stessi.
La realtà c'è, è là, inconfutabile.
Chi non capisce ha torto.
Tutti si pentono quando non serve più.
La vera letteratura non è quella che lusinga il lettore, confermandolo nei suoi pregiudizi e nelle sue insicurezze, bensì quella che lo incalza e lo pone in difficoltà, che lo costringe a rifare i conti col suo mondo e con le sue certezze.
Nietzsche ha intuito il ruolo che la disciplina esercita nella formazione di un'autonomia di giudizio.
È cosa giusta, ponderata e nobile che, se malattia e dolore sono contagiosi, non vi sia nulla al mondo di così irresistibilmente contagioso come il riso e il buon umore.
Ridere non è un brutto modo per iniziare un'amicizia, ed è senz'altro il migliore per terminarla.
Del senno di poi si può sempre ridere e anche di quello di prima, perché non serve.
La giornata più perduta di tutte è quella in cui non si è riso.
Benedetto colui che ride di sé stesso, se non sia per evitare il riso degli altri.
Non c'è niente di serio in questo basso mondo che il ridere.
Nessuno che una volta abbia riso veramente di cuore può essere irrimediabilmente cattivo.
Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
La risata è il miglior disinfettante del fegato.
A che scopo dobbiamo vivere, se non per essere presi in giro dai nostri vicini e ridere di loro a nostra volta?