Non c'è male all'infuori della colpa.
L'uomo non è mai così vicino agli dei di quando fa del bene al proprio prossimo.
È grande la forza dell'abitudine.
Bisogna essere pronti a contraddire gli altri senza ostinazione e a lasciare, senza adirarsi, che gli altri ci contraddicano.
Il miglior condimento del cibo è la fame.
E nemmeno è utile sapere ciò che accadrà: gran miseria angustiarsi per ciò cui non puoi porre rimedio.
Ogni colpa sembra mostruosa finché non arriva un'altra colpa che le sia compagna.
Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, nè la società può toglierli la pubblica protezione, se non quando sia deciso ch'egli abbia violati i patti coi quali le fu accordata.
L'uomo può sopportare le disgrazie, esse sono accidentali e vengono dal di fuori: ma soffrire per le proprie colpe, ecco l'aculeo della vita.
Una colpa non è cancellata finché si rammenta.
Ricorda che si dovrebbe essere grati che vi siano delle colpe di cui si può essere accusati ingiustamente.
La colpa è così piena d'ingenua gelosia che si versa da sola per timore d'essere versata.
Colui che è capace di sorridere quando tutto va male, è perché già ha pensato a chi dare la colpa.
Bisogna evitare le colpe non per paura, ma perché si deve.
Chi trova nella propria vita molte colpe si sveglia di frequente anche dai sogni come i fanciulli e vive nella paura, tra brutti presentimenti; a chi invece è conscio di non aver commesso alcuna ingiustizia sta sempre accanto una lieta speranza e una buona "nutrice di vecchiaia".