Il mio apostolato deve essere quello della bontà.
Pensa che devi morire martire, spogliato di tutto, steso per terra, nudo, irriconoscibile, coperto di sangue e ferite, violentemente e dolorosamente ucciso e desidera che questo avvenga subito.
Non è la tentazione che è forte, sono io che sono debole.
Dio si serve dei venti contrari per condurci in porto.
Il regno del cielo è per noi, è pronto per noi. Non attacchiamoci dunque alle cose della terra, che assomigliano così poco a un regno. Che pazzia attaccarci a questo, noi re, noi possessori del regno celeste!
Non solo gli uomini, ma anche gli animali nella vecchiaia diventano più buoni.
I buoni non amano disputare. Coloro che amano disputare non sono buoni.
In mezzo alle messi buone non manca mai qualche spiga cattiva, né tra le cattive qualche spiga buona.
Appena la bontà si preoccupa dell'ammirazione, non è più bontà.
Nell'uomo la bontà è una fiamma che può rimanere celata, ma mai estinguersi completamente.
L'ambizione non s'accorda affatto con la bontà; s'accorda con l'orgoglio, con l'astuzia, con la crudeltà.
C'è un solo modo per far sì che la vita divenga più felice ed è che le singole persone divengano più buone.
La fede nella "bontà" dell'umana natura è una di quelle tristi illusioni da cui gli uomini si aspettano che la loro vita risulti abbellita e alleviata, mentre in realtà non provocano che danni.
Passa la bellezza, come profumo all'aria, e il suo ricordo sarà un rimpianto. Dura invece la bontà, come l'incenso nel chiuso tabernacolo, la carità fatta non invecchia mai, ed è sempre sorella alla carità da farsi.
Diventiamo buoni sempre un tantino troppo tardi. Anche perché nessuno, grazie al cielo, potrebbe metterci alla prova.