Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio.
Quelli che non sono curiosi: ciò che sanno li disgusta di ciò che ignorano.
La pena di morte, così come la si applica, è una disgustosa macelleria, un oltraggio inflitto alla persona e al corpo.
La libertà non è che una possibilità di essere migliori.
C'è la bellezza e ci sono gli umiliati. Qualunque difficoltà presenti l'impresa, non vorrei mai essere infedele né ai secondi né alla prima.
Chi non dà nulla non ha nulla. La disgrazia più grande non è non essere amati, ma non amare.
Che fa sabato sera? - Occupata. Devo suicidarmi. - Allora venerdì sera?
A frenarmi dall'ammazzare qualcuno sarebbe, prima d'ogni remora morale, l'inettitudine. Quanto a me, volessi anche ammazzarmi, mi servirebbe un liberto.
Si è liberi veramente quando ci si può suicidare senza arrecare danno o dolore o rimpianto a nessuno: la libertà è la forma intermedia della solitudine, il suicidio la forma estrema dell'unica compagnia che ti è rimasta.
Matrimoni imprudenti! E ditemi: dove mai in cielo o in terra si son visti matrimoni prudenti? Altrettanto varrebbe discorrere di suicidi prudenti!
Lo sai cos'è il suicidio?
Se non hai deciso di ciucciare il tubo del gas o mangiare la canna della pistola o di fare una lunga passeggiata su un pontile molto corto, ci sono cose alle quali non si può dire di no.
Nessuno osa dire addio ad un'abitudine. Molti suicidi si son fermati sulla soglia della morte per il ricordo del caffè dove vanno tutte le sere a fare la loro partita a domino.
Il suicidio fu l'ultima virtù degli antichi. Nel pieno disfacimento d'ogni principio morale e di ogni credenza, essi formarono sotto il nome di stoicismo una filosofia della morte: non sapendo più vivere eroicamente, vollero saper morire da eroi.
Eppure, sono molti quelli che non osano uccidersi per timore di quello che potrebbero dire i vicini di casa.
Se non avessi il senso dell'umorismo mi sarei suicidato molto tempo fa.