I monti a cupo sonno supini giacciono affranti.— Salvatore Quasimodo
I monti a cupo sonno supini giacciono affranti.
Isole che ho abitato verdi su mari immobili.
Dalla natura deforme la foglia simmetrica fugge, l'àncora più non la tiene. Già inverno, non inverno, fuma un falò presso il Naviglio.
La mia terra è sui fiumi stretta al mare, non altro luogo ha voce così lenta dove i miei piedi vagano tra giunchi pesanti di lumache.
E quel gettarmi alla terra, quel gridare alto il nome del silenzio, era dolcezza di sentirmi vivo.
Se mi desti t'ascolto, e ogni pausa è cielo in cui mi perdo, serenità d'alberi a chiaro della notte.
Io chiedo a una scalata non solamente le difficoltà ma una bellezza di linee.
L'aria di montagna è come l'acqua liscia, è talmente leggera che dovresti respirarne a vagoni per sentire qualche odore.
Gli antichi si dilettavano a cantar la natura: fiumi, montagne, nebbia, fiori, neve, vento, luna. Bisogna armare d'acciaio i canti del nostro tempo. Anche i poeti imparino a combattere.
La palla della neve quanto più rotolando discese delle montagne della neve, tanto più moltiplicò la sua magnitudine.
Nel mondo c'è un ordine naturale di farmacie, poiché tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e colline sono farmacie.
La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi. Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un po' tonti si è tutti da giovani.
La montagna sembra sempre più vicina di quello che è.
Un albero sotto i raggi del sole, un sasso segnato dalle intemperie, un animale, una montagna: tutti hanno una vita, una storia, vivono, soffrono, affrontano i pericoli, godono, muoiono. Ma non sappiamo il perchè.
E catene di monti coperte di nevi / saranno confine a foreste di abeti.
Solo la montagna, la gola, il passo e il torrente possono accedere al pantheon del viaggio, indubbiamente nella misura in cui sembrano sorreggere una morale dello sforzo e della solitudine.