Gli eroi sono più inclini all'autocitazione che all'autocritica.
Le uniche cose che meritano discussione e interesse non sono i tentativi di dimostrare di avere avuto ragione, ma gli errori commessi e gli aspetti che non si conoscevano.
Gli scrittori e gli intellettuali reclamano da qualche tempo, spesso e volentieri, di essere catalogati fra le specie in via di estensione. Può anche darsi che lo siano. Però, per amore della completezza, occorre anche aggiungere che costituiscono anche una delle specie più pericolose.
Eroe o pezzo di fango, non c'era via di mezzo per me, per l'uomo comune, dico, è vergogna infangarsi, ma l'eroe sta troppo in alto perché si possa infangare del tutto, per conseguenza si può stare nel fango.
V'è un solo eroismo al mondo: vedere il mondo com'è e amarlo.
È concesso anche a un eroe morente chiedersi prima di morire come parleranno di lui gli uomini dopo la sua morte.
Gli eroi sul cavallo bianco sono un po' in ribasso, soprattutto quando non valgono una cicca.
Tutti questi eroismi per niente! Basta indovinelli, basta concorrenti uno e due! Adesso signori, cala il sipario!
L'eroe è sempre eroe per sbaglio, il suo sogno sarebbe di essere un onesto vigliacco.
L'eroe antico era quello che affrontava la morte: l'eroe moderno è colui che accetta la vita.
Uno non può fare l'eroe tutta la vita. Anzi, il più delle volte non può farlo per più di 10 minuti. Certo, in quei dieci minuti si vedono le cose diversamente.
L'eroe della storia è colui che nella città punta la lancia nella gola del drago, e nella solitudine tiene con sé il leone nel pieno delle sue forze, accettandolo come custode e genio domestico, ma senza nascondersi la sua natura di belva.
Un eroe non può essere eroe se non in un modo eroico.