L’amore viene evocato come una forma di follia che, invece di spaventare, risulta affascinante e desiderabile. È un’esperienza che sfugge alla logica e al controllo razionale, ma proprio in questo suo carattere imprevedibile e irrazionale trova il suo fascino più profondo. L’essere umano, pur sapendo che l’amore può travolgere, disorientare, far perdere i punti di riferimento abituali, continua a cercarlo perché in esso riconosce una fonte unica di intensità e significato. La follia a cui si allude non è distruttiva per definizione, ma è la sospensione dei calcoli, la rottura delle abitudini, la disponibilità a esporsi alla vulnerabilità. Amare significa accettare di non avere tutte le risposte, di non potersi proteggere completamente, di mettere in gioco la propria identità. Questa “amabile” irrazionalità è il prezzo da pagare per uscire dalla tiepida sicurezza dell’indifferenza. Nel riconoscere l’amore come follia affascinante, si afferma che le esperienze più autentiche della vita richiedono una certa dose di rischio, di abbandono e di coraggio emotivo. Proprio ciò che non si può controllare totalmente diventa ciò che più profondamente ci rende vivi.