Il romanziere non deve render conto a nessuno, tranne che a Cervantes.
La preoccupazione per la propria immagine, è questa la fatale immaturità dell'uomo. E' così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L'uomo ci arriva solo dopo la morte.
Bisogna avere almeno una certezza: quella di rimanere padrone della propria morte e di essere in grado di scegliere l'ora e i mezzi.
Un uomo in grado di pensare non è sconfitto anche quando lo è sul serio.
Non vi è niente di più umiliante del non riuscire a trovare una risposta sferzante a una attacco sferzante.
Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future.
Già il fatto che un libro sia un romanzo non depone a suo favore, è un connotato lievemente losco, come i berretti dei ladruncoli, i molli feltri dei killers, gli impermeabili delle spie.
Tutti i romanzieri, forse, non scrivono che una sorta di tema (il primo romanzo) con variazioni.
I romanzi sentimentali corrispondono a quelle che sono, in medicina, storie cliniche.
L'unica ragione che abbia un romanzo di esistere è che cerca di rappresentare la vita.
I romanzi finiscono col matrimonio dell'eroe con l'eroina. Bisognerebbe invece cominciare da questo, e finire che si sono separati, cioè liberati l'uno dell'altro.
Il romanzo è la favola delle fate di chi non ha immaginazione.
Se ha intenzione di scrivere romanzi, una donna deve possedere denaro e una stanza tutta per sé.
Un romanzo è in pratica una forma protestante di arte, è un prodotto di una mente libera, di un individuo autonomo.
Chiunque può scrivere un romanzo di tre volumi. Richiede semplicemente una totale ignoranza della vita e della letteratura.