L'avarizia è l'unico vizio che, negli occhi dei posteri, si trasforma in virtù.
Essere avaro vuol dire rubare agli altri, scialacquare vuol dire rubare a sé ed agli altri.
Il prodigo è arrogante, l'avaro è meschino. La meschinità è meglio dell'arroganza.
L'uomo economo è il più ricco degli uomini, ma l'avaro è il più povero.
Piangiamo sulla povertà, ma non inteneriamoci per l'avarizia nemmeno se è l'avarizia di un povero.
Il verbo «dare» gli è tanto in odio che non dice mai «Ti dò il buon giorno», ma «... te lo impresto».
Alla povertà mancano molte cose, all'avarizia tutte.
L'avarizia è naturale. Percorri pure tutta la città, le piazze, le case, i templi: se qualcuno affermerà di non volere più di quello che gli basti --- la natura infatti è contenta di poco --- ritieni di avere trovato la fenice.
L'avarizia impedirà a un uomo di finire in miseria, ma in genere lo rende troppo pauroso per consentirgli di diventare ricco.
La ricerca esclusiva dell'avere diventa un ostacolo alla crescita dell'essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l'avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale.
L'avarizia. È così sciocca che non sa neppure contare.