Ci sono libri che non si dovrebbero osare se non dopo i quarant'anni.
Un argomento poco sfruttato dalla letteratura ma che quando esiste è uno dei più forti e più completi in assoluto: l'affetto reciproco tra padre e figlia.
Ogni tolleranza accordata ai fanatici li induce immediatamente a credere a una simpatia per la loro causa.
Ogni anima si ammaestra attraverso la carne.
L'infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono ma sono i due stati più profondi che è dato di vivere.
L'antipatia è come un'amicizia a rovescio.
La fraternità con i libri è forse la più alta forma di vita sociale.
Abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio.
Se un libro non dà piacere a rileggerlo infinite volte, tanto vale non leggerlo affatto.
Di tutte le cose i libri sono stati quelli che ho più amato.
Tutti i libri in generale, e anche i più belli, mi sembrano molto meno preziosi per quello che contengono che per quello che vi può mettere dentro il lettore.
Mi diletta perdermi nella mente altrui. Quando non vado a passeggio, leggo; sono incapace di star seduto a pensare. I libri pensano per me.
Per capire la differenza che esiste tra leggere un racconto su internet o su un libro, basta chiudere gli occhi e mettere il palmo della mano, prima sullo schermo e poi sulla pagina del libro. Il contatto con la carta, anche detto "libridine", ci fa capire la differenza.
I libri vengono usati meno come 'occhiali' per guardare la natura, che come imposte per tenerne lontana la forte luce e la scena mutevole da occhi deboli e temperamenti apatici.
I libri sono cose già pensate, già fatte, già dette, che tu devi elaborare, fare tue. Il tuo interlocutore di carta è sempre gentile, paziente, non ti lascia mai a metà strada. È una persona che ti chiede di ascoltarlo, con il quale puoi fare dei viaggi meravigliosi.
Il libro è l'oppio dell'Occidente.