Ogni vero umorista è un critico di se stesso.
Nessun artista crede alla verità oggettiva, cioè reale in sé, del mondo che rappresenta. Ma si potrebbe dire che questa verità oggettiva, non solo per l'artista, non esiste per nessuno.
Si sa, per altro, che le mogli è il loro mestiere d'ingannare i mariti.
L'umorismo, per lo specialissimo contrasto essenziale in esso, inevitabilmente scompone, disordina, discorda.
Lo scrittore stempera in dieci pagine quel che dovrebbe esser raccolto in uno sguardo.
I filosofi hanno il torto di non pensare alle bestie e davanti agli occhi di una bestia crolla come un castello di carte qualunque sistema filosofico.
Mentre il comico è la percezione dell'opposto, l'umorismo ne è il sentimento.
La nuova letteratura non può che essere umoristica. La scienza dubita, e così l'umorismo.
L'umorista è un uomo di ottimo malumore.
L'umorismo non è rassegnato ma ribelle, rappresenta il trionfo non solo dell'Io, ma anche del principio del piacere, che qui sa affermarsi contro le avversità delle circostanze reali.
Dove non c'è umorismo non c'è umanità; dove non c'è umorismo (questa libertà che si prende, questo distacco di fronte a se stessi) c'è il campo di concentramento.
Vivere nel mondo come non fosse il mondo, rispettare la legge e stare tuttavia al di sopra della legge, possedere come se non si possedesse, rinunciare come se non si fosse in rinuncia: tutte queste esperienze di un'altra saggezza di vita si possono realizzare solo con l'umorismo.
Il senso dell'umorismo, cioè la capacità di scorgere il lato comico anche di una situazione pericolosa o spiacevole, è una qualità del più alto valore per poter bene attraversare la vita.
L'umorista è un uomo di buon cattivo umore.
Gli sciocchi non capiscono le persone di spirito.
L'umorismo è la gentilezza della disperazione.