Quando abbiamo imparato a vivere, moriamo.
Bellezza come salvezza. Conseguenza: pulire la bellezza dall'edonismo - e la salvezza dal bigottismo.
Spesso, mentire è carità.
La violenza resta per me un grosso problema. Forse deriva da quel cieco bisogno dell'essere non civilizzato, che non sente abbastanza il rispetto di sé e degli altri. Ma quello che è ancora più pauroso è la violenza collettiva o quella violenza che si ammanta di legge, la dittatura.
Nelle persone ogni qualità ha il contrappeso di qualche difetto.
Quando si è sordi, si sentono suoni e rumori che non ci sono.
Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire.
È ridicolo correre verso la morte per stanchezza della vita, quando è il tuo sistema di vita che ti fa correre incontro alla morte.
La morte non è che per i mediocri.
La morte è pietosa, perché da essa non c'è ritorno, mentre per colui che è uscito dalle più profonde camere della notte, consapevole e stravolto, non c'è più pace.
Il richiamo della morte è anche un richiamo d'amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una delle grandi, eterne forme dell'amore e della trasformazione.
Io devo vivere in compagnia della morte. La destesto, naturalmente, ma non la temo. Se la temessi non varrei nulla come medico. Dovrei temerla?
La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi.
Solo la morte rivela quale misera cosa siano i corpi degli uomini.
Tutte le nostre conoscenze ci aiutano solo a morire di una morte un po' più dolorosa di quella degli animali che nulla sanno.
Per tre giorni dopo la morte i capelli e le unghie continuano a crescere ma le telefonate calano progressivamente.