La rassegnazione è un suicidio quotidiano.
Da quando le società esistono, un governo, per forza di cose, è sempre stato un contratto d'assicurazione concluso fra i ricchi contro i poveri.
La gloria è un veleno che bisogna prendere a piccole dosi.
Nelle immersioni sul fondo del piacere rischiamo di prendere più sabbia che perle.
Ecco com'è la vita. È un po' come la cucina, puzza altrettanto e bisogna sporcarsi le mani se si vuol far da mangiare; sappia soltanto sbrogliarsela con eleganza. È tutta qui la morale della nostra epoca.
La trascuratezza nel vestire è un suicidio morale.
L'aspetto più grave dello spirito di tristezza è che esso porta al peccato contro la speranza.
A questo mondo vi è poca gente che si rassegna a perdite piccole, sono le grandi che inducono immediatamente alla rassegnazione.
Una delle cause più comuni del fallimento è l'abitudine di rinunciare quando ci si imbatte in una sconfitta temporanea. Prima o poi, tutti compiamo questo errore nella nostra vita.
Non c'è rimedio a niente nella vita.
Se non ho acquisito saggezza, quanto meno ho imparato l'utilissima arte della rassegnazione.
Quando la morte verrà accettiamola indifferenti e lasciamoci condurre dentro il mistero.
Io non sono fatalista. E se anche lo fossi, che cosa potrei farci?
Noi tutti siamo rassegnati alla morte: è alla vita che non siamo rassegnati.
Non avendo ottenuto che gli uomini mettano in pratica quello che insegna, la Chiesa di oggi si è rassegnata a insegnare quello che mettono in pratica.
Chi getta la spugna non vince mai, e un vincente non getta mai la spugna.