Non esiste l'amore con il lieto fine. O è lieto o ha fine.
— Guido Rojetti
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La nostra interpretazione
L’idea centrale è che l’unione tra la felicità e la durata infinita di un legame amoroso sia un’illusione consolatoria. La relazione affettiva viene presentata come qualcosa che, se è davvero felice, è necessariamente immersa nel presente, nella pienezza di ciò che si vive ora, senza la garanzia di un “per sempre”. Nel momento in cui ci si concentra sul concetto di fine, emergono la separazione, la perdita, il logoramento, e la dimensione lieta appare compromessa. Si mette quindi in discussione l’immaginario romantico tradizionale, fatto di storie che si concludono con promesse eterne, come se la felicità fosse un traguardo definitivo e immutabile.
Questa visione invita a riflettere sulla fragilità di ogni legame umano. L’amore, per quanto intenso, rimane esposto al cambiamento, alle scelte individuali e alle circostanze della vita. Non viene negata la possibilità di momenti autenticamente sereni e appaganti, ma se ne sottolinea la precarietà. Da una parte c’è il desiderio di un tempo sospeso, in cui la gioia non conosce incrinature; dall’altra c’è l’inevitabilità del limite, che prima o poi interviene. Ne deriva una tensione irrisolta tra il bisogno di sicurezza affettiva e la consapevolezza che nulla, nelle relazioni umane, è garantito in modo assoluto.
In questo modo si suggerisce un atteggiamento più lucido nei confronti dei sentimenti: non aspettarsi favole con conclusioni perfette, ma riconoscere il valore del periodo felice mentre accade, sapendo che proprio la finitezza ne accresce il significato. La promessa di una soddisfazione eterna viene sostituita dall’attenzione alla qualità dell’esperienza, accettando che ogni storia d’amore, per quanto luminosa, porta in sé la possibilità e forse la certezza di una conclusione.