Lo scrittore sceglie in primo luogo di essere inutile.
La sensazione che provocano le casupole infime, sudice, infette, barcollanti tra rigagnoli e immondizie, è stranamente liberatrice: non c'è alcun tentativo di velare, di nascondere, di eludere la fondamentale sporcizia dell'esistere, la sua qualità escrementizia e torbida.
La letteratura, ben lungi dall'esprimere la totalità dell'uomo, non è espressione, ma provocazione.
La letteratura non è espressione, ma provocazione.
L'antisemitismo non è un fenomeno di malvagità politica, troppo lunga è la sua storia per non sospettare che nasconda qualcosa di terribile, una sorta di follia che sempre colpisce chi froda se stesso e mente sul proprio destino.
E' di quegli uomini che vengono rassicurati dal nulla.
Uno scrittore impegnato non è come uno scrittore solenne.
Il compito di un narratore è anzitutto quello di rappresentare. Un libro che si apre è come un sipario che si alza: i personaggi entrano in scena, la rappresentazione comincia.
Uno scrittore è produttivo non nella misura in cui produce idee, ma nella misura in cui arricchisce l'editore che pubblica le sue opere.
Lo scrittore che accetta, in tutto o in parte, di seguire la disciplina di un partito politico è posto prima o dopo davanti all'alternativa: sottomettersi o tacere.
Molti scrittori hanno necessità di ferite, ciascuna fisica o spirituale.
Nell'intimità della lettura il grande scrittore non sembra limitarci, ma completarci.
Lo scrittore deve guadagnare per vivere e scrivere, ma non deve vivere e scrivere per guadagnare.
Talora uno scrittore, per dire troppo, diventa più comico dei suoi personaggi.
Gli scrittori sono come i denti, si dividono in incisivi e molari.
La professione di scrivere libri fa apparire le corse dei cavalli un'attività solida, stabile.