La gente del ceto medio è disperata ormai e ciò può portare un uomo a crollare.
Il disperare aggrava non soltanto la nostra miseria ma anche la nostra debolezza.
Per l'uomo che prega molto non esistono disperazione né amara tristezza.
Come ci farebbe disperare la visione di un mondo esterno così freddo, così privo di vita, se dentro di noi non si sviluppasse una forza creatrice che rende bella la natura rendendo belli anche noi.
Ci si può rassegnare alla disperazione, ma anche ci si può disperare della rassegnazione.
Si lascia andare la disperazione, e si crea lo spazio necessario alla capacità di accettare. Non dobbiamo mai arrenderci ma solo accogliere. Accettiamo e riconosciamo la nostra paura, ma agiamo sempre e comunque, altrimenti non impareremo mai a nuotare.
Gli eroi sono il prodotto dell'insicurezza. Vale a dire di uno stato d'ansia, di paura, di disperazione.
Sono come il figlio d'una povera affamata, che piange perché vuol mangiare, spinto dall'intensità della fame, incurante delle condizioni disperate della sua povera e pietosa madre, sconfitta dalla vita.
Non è mai alcuna cosa sì disperata che non vi sia qualche via da potere sperare.
Pazienza. Forma minore di disperazione, travestita da nobile virtù.
Tenerezza e gentilezza non sono sintomo di disperazione e debolezza, ma espressione di forza e di determinazione.