La felicità è impossibile a chi la desidera.
Dall'abito della rassegnazione sempre nasce noncuranza, negligenza, indolenza, inattività, e quasi immobilità.
Oggi chi conoscendo ed avendo sperimentato il mondo, non è divenuto egoista, se ha niente niente di senso e d'ingegno, non può esser divenuto che misantropo.
L'immaginazione è la prima fonte della felicità umana.
Un abito silenzioso nella conversazione, allora piace ed è lodato, quando si conosce che la persona che tace ha quanto si richiede e ardimento e attitudine a parlare.
Il principal fondamento della moralità di un individuo e di un popolo è la stima costante e profonda che esso fa di se stesso, la cura che ha di conservarsela.
La felicità non è un fine da perseguire avidamente, ma un fiore da cogliere sulla strada del dovere.
Amare è mettere la nostra felicità nella felicità di un altro.
Le felicità come le sventure vanno sempre in frotte.
La felicità non consiste negli armenti e neppure nell'oro; l'anima è la dimora della nostra sorte.
Chi non si ritiene molto felice, anche se è padrone del mondo, è un poveretto.
Se la nostra condizione fosse veramente felice, non ci sarebbe bisogno di fare di tutto per non pensarci.
L'uomo non conosce altra felicità se non quella che egli si va immaginando, e poi, finita l'illusione, ricade nel dolore di sempre.
La felicità va cercata come si cerca ogni altra cosa della vita e non è mai troppo tardi per trovarla. Essa arriva se la cerchiamo con tutte le forze e spesso è più vicina di quanto pensiamo.
La felicità, come un vino pregiato, deve essere assaporata sorso a sorso.
Certo, non bisogna credere alla felicità; ma come farebbero gli uomini a vivere se non formassero qualche sogno di felicità?