Il desiderio della preghiera è già una preghiera.
Un mondo dominato dalla forza è un mondo abominevole, ma il mondo dominato dal numero è ignobile.
Occorre consacrare la nostra vita ad acquistare lo spirito dell'infanzia, o a recuperarlo, se l'abbiamo conosciuto, poiché è un dono dell'infanzia che, per lo più, non sopravvive all'infanzia.
Il primo segno di corruzione in una società ancora viva si ha quando il fine giustifica i mezzi.
Il gusto del suicidio è un dono.
La speranza è un rischio da correre. È addirittura il rischio dei rischi.
Quando gli dèi vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere.
La preghiera deve essere insistente. L'insistenza denota fede.
La preghiera è un'empietà.
Quand'anche potessi credere, sarei ancora ben lungi dal poter pregare. Il pregare continuerebbe a sembrarmi il modo più sfacciato di seccare Dio, il peccato più nauseante di tutti, e dovrei intercalare ogni preghiera con lunghi periodi di espiazione.
Niente costa di più di ciò che si è comperato con le preghiere.
Il vero pregare non è borbottare molte parole alla guisa de' pagani, ma adorar Dio con semplicità, sì in parole, sì in azioni, e fare che le une e le altre sieno l'adempimento del suo santo volere.
Se dalla preghiera si alza un uomo migliore, la preghiera è esaudita.
L'infantilismo del pregare: si prega per ciò che comunque si ottiene, anziché per l'irraggiungibile.
Così come le preghiere degli uomini sono una malattia della volontà, le loro credenze sono una malattia dell'intelletto.
La preghiera non ha bisogno di parole.