Perdoniamo facilmente agli amici i difetti che non ci toccano.
L'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù.
La virtù non andrebbe molto lontano se non fosse accompagnata dalla vanità.
Si passa sovente dall'amore all'ambizione, ma non si ritorna mai indietro dall'ambizione all'amore.
Spesso perdoniamo quelli che ci annoiano, ma non possiamo perdonare quelli che noi annoiamo.
Sono poche le donne oneste che non siano stanche del loro ruolo.
Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per dirgli "mi spiace", "perdonami", "per favore", "grazie" e tutte le parole d'amore che conosci.
La forma sublime del disprezzo è il perdono.
Se una donna perdona il suo uomo, non gli riscaldi poi le corna per colazione.
La società perdona spesso il delinquente, non perdona mai il sognatore.
Solamente chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa ne perdonare ne punire.
Amare e perdonare non è proprio dell'uomo: è proprio di Dio o della donna.
Si perdonano coloro che ci hanno offeso perché così il conto torna: un'offesa ciascuno. Ma quest'ultima è mortale.
Il perdono divino offre un altro significato al sentimento di irreversibilità del male commesso: non toglie la possibile enormità della colpa passata, ma libera il suo autore dalla disperazione.
Perdonando troppo a chi falla, si fa ingiustizia a chi non falla.