Ogni vero eroe sa portare il peso dei colpi che subisce.
Solo una città che ritrova l'ambizione della propria identità civica - pensata come sintesi viva delle sue tante originalità - può tornare a fare appassionare al bene comune e a suscitare il desiderio di una partecipazione responsabile.
I veri eroi sono quelli che ogni giorno si alzano dal letto e affrontano la vita anche se gli hanno rubato i sogni e il futuro. Quelli che alzano la saracinesca di un bar o di un'officina, che vanno in un ufficio, in una fabbrica. Che non lottano per la gloria o per la fama, ma per la sopravvivenza.
I veri eroi non sono mai perfetti come le leggende che li circondano.
Un eroe è chi fa quello che può.
Guerre, conflitti, tutti affari. Un omicidio è delinquenza, un milione è eroismo. Il numero legalizza.
Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l'eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sé la morale, la giustezza della vita.
Gli eroi sono eroi perché il loro comportamento è eroico, non perché vincano o perdano.
Sorte miserabile quella dell'eroe che non muore, dell'eroe che sopravvive a se stesso.
L'eroe è colui il quale fa da solo ciò che altri dovrebbero fare: è dunque l'espressione del paese che si rassegna, delle genti in cui la coscienza individuale è debole ; che non sono ancora entrate nella civiltà, o che vi sono entrate male.
L'eroe è sempre quello che resta, e il colpevole chi abbandona il campo.
Tutti son buoni a far gli eroi con la pelle degli altri.