Fare il proprio dovere val meglio dell'eroismo.
Il peggio mestiere è quello di non averne alcuno.
In Italia la letteratura ebbe sempre grandissima importanza, e l'arte e il sentimento del bello furono gli stromenti della sua rinascenza, come della inglese la morale seria e positiva, della francese lo spirito e la ragione.
Nella pazienza tutto va a puro guadagno. Il male sopportato con ragionevolezza e calma è già diminuito della metà, mentre l'impazienza raddoppia tutti i pesi, infistolisce tutte le piaghe.
Il buon senso è come un cannocchiale che fa vedere da lontano il male e il bene.
Noi della bellezza crediamo materia la verità morale.
V'è un solo eroismo al mondo: vedere il mondo com'è e amarlo.
Il vero eroe alla fine muore. Quelli che restano sono i filosofi.
Gli eroi, d'altro canto, hanno certi privilegi. Possono andare ovunque, sfidare chiunque, purché abbiano il coraggio e la forza di farlo.
Gli eroi sono più inclini all'autocitazione che all'autocritica.
Nel piccolo italiano medio c'è una zona nobile, un soprassalto di dignità che non arriva all'eroismo ma che lo spinge ad agire, anche solo con una dimostrazione di affetto e di appoggio all'amico.
Non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci. E se siamo fedeli al nostro compito arriva al cielo la nostra statura. L'eroismo che allora recitiamo sarebbe quotidiano, se noi stessi non c'incurvassimo di cubiti per la paura di essere dei re.
Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l'eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sé la morale, la giustezza della vita.
L'eroe non è colui che non cade mai ma colui che una volta caduto trova il coraggio di rialzarsi.
Quando indago la gloria conseguita dagli eroi, e le vittorie dei grandi generali, non invidio i generali.
La società borghese manca di eroismo.