Dicono che la felicità si trova nelle piccole cose. Sapeste l'infelicità.
Una volta la bellezza era un dono intimo e da scoprire con pudore. Oggi, massificata in provini e casting, è diventata un possibile lavoro per chi non sa fare niente.
Se uno l'aggressività non ce l'ha di suo è inutile che se la mette addosso, perché si vede ancora meglio com'è fatto veramente.
E vaffanculo. È questa la parola che viene istintiva quando ti capita di sentirti inaspettatamente felice, tutt'a un tratto.
Un uomo davvero imbranato è patetico. Uno che vuole fare il sicuro, ma poi ti accorgi che è un imbranato, ti fa succedere qualcosa.
Non c'è gradualità nell'accadere delle cose. Le cose, come quando capitano, capitano. E non è nemmeno che puoi accompagnarle, impedire che ruzzolino trascinandoti con loro. Non si possono far andare piano le cose che capitano.
L'infelicità è per il nostro animo il calore che lo mantiene tenero.
Cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità? Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria.
Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.
Talvolta si prende come cattiva abitudine l'essere infelici.
Niuno stato è così misero, il quale non possa peggiorare; e nessun mortale, per infelicissimo che sia, può consolarsi né vantarsi, dicendo essere in tanta infelicità, che ella non comporti accrescimento.
Se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.
Nessuno è più infelice di un guardone in un campo di nudisti.
Non ho fame. Non ho sete. Non ho caldo. Non ho freddo. Non ho sonno. Non mi scappa niente. Come sono infelice.
Tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.