Non sono così vanesio da credere che il mio contributo possa cambiare qualcosa.
Quella specie di coraggio ridicolo che si chiama rassegnazione.
Il distacco e la rassegnazione possono essere tutt'al più il fine della consapevolezza, non il mezzo per evitarla.
La collera aspira a punire: e, come osservò acutamente, a questo stesso proposito, un uomo d'ingegno, le piace più d'attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi.
Una delle cause più comuni del fallimento è l'abitudine di rinunciare quando ci si imbatte in una sconfitta temporanea. Prima o poi, tutti compiamo questo errore nella nostra vita.
Al liceo ero famoso per essere quello che si rassegnava subito.
Nella vita dell'uomo non si può dire la parolaccia «ormai»: si può e si deve sempre ricominciare, perché le persone hanno energie impensabili di bontà da stanare e far crescere, mettere a disposizione e canalizzare.
Non permettere a te stesso di essere scoraggiato da qualsiasi fallimento fintanto che hai fatto del tuo meglio.
Dentro un ring o fuori, non c'è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra.
Questa ripetizione ossessiva di sé stessi, al di là del dato anagrafico, è il vero segno dell'"invecchiamento" italiano: vecchio è chi dispera di cambiare e di cambiarsi, ed è ormai rassegnato a essere fino alla fine ciò che è sempre stato.
La partita è persa solo quando smettiamo di provare.