La moralità, ciò che la società chiama «morale» di per sé non esiste.
La nostra vita è una catena di menzogne tessuta con molta grazia; con una grazia che se volessimo sempre scoprire la discordanza tra gli atti e le parole, tutte le persone sembrerebbero ipocrite...
Ogni uomo ha degli attimi di infantilità gioiosa, e ogni uomo ama dominare. Ma nel tempo stesso vuole sentire su di sé qualcosa di indefinibile, che se non è dominazione, certo è un senso di protezione forte e calma.
L'onestà è lo stato allotropico della morale.
Vivi nell'atarassia, nella apatia, e troverai la tua felicità. Non preoccuparti mai; non volere gli entusiasmi, le forti emozioni. Siamo in un'epoca di egoismi senza individualità, e forse appunto per questo non si è inneggiato mai così forte al collettivismo.
Il sonno ha talvolta nel volgere di un'ora le immensità della vita più intensa.
La morale comincia quando la libertà, invece di autogiustificarsi, si sente arbitraria e violenta.
I luoghi più caldi dell'inferno sono riservati a coloro che in tempi di grande crisi morale si mantengono neutrali.
Non si può nemmeno immaginare quanto la vita potrebbe essere libera da peccati se la morale non si scandalizzasse.
Nella morale come nell'arte, nulla è dire, tutto è fare.
Il compito unico e fondamentale dell'educazione si può riassumere nel concetto di moralità.
La morale è ciò che resta della paura quando la si è dimenticata.
La morale effeminata è la morale dei deboli.
La morale è come la magia. Parla in continuazione dell'uomo perfetto, ma non sa cosa sia l'uomo reale.
Il moralista, impegnato a predicare la virtù, difficilmente troverà il tempo di praticarla.
La cultura serve alle presone che hanno 14 o 15 anni, e che hanno la necessità assoluta di apprendere da altre persone nozioni giuste che le mettano in condizioni per affrontare le nozioni, la morale della vita.