Un buon giornale è una nazione che parla a se stessa.
Senza alienazione, non ci può essere politica.
Arriva un momento in cui realizzi che non ti sei semplicemente specializzato in qualcosa: qualcosa si è specializzato in te.
Non si può afferrare lo spirito di un bambino rincorrendolo; ci si deve parare innanzi e amarlo per quello che presto darà in cambio.
Non farti sedurre dal pensiero che ciò che non produce profitto sia senza valore.
Che il morto mangi il morto! E noi vivi danziamo sull'orlo del cratere, un'ultima danza di morte. Ma che sia una danza!
I giornali sono pieni di sacrifici umani: li inscatolano, li rendono accettabili per i lettori; in un certo senso li ritualizzano. La cronaca è un bollettino di esecuzioni.
Sono la personificazione del rischio. Sono solo una giornalista curiosa.
I giornali hanno con la vita all'incirca lo stesso rapporto che hanno le cartomanti con la metafisica.
Il giornalista è il solo scrittore che, quando prende la penna, non spera nell'immortalità.
I giornalisti scrivono perché non hanno niente da dire, e hanno qualcosa da dire perché scrivono.
Il giornalismo dovrebbe essere testimonianza e distacco, ma quando racconti storie emotivamente forti è difficile non restarne coinvolti.
Il giornalista è uno che, dopo, sapeva tutto prima.
Quei bordelli del pensiero che si chiamano giornali.
Il giornalismo non è un mestiere che consenta un tempo libero autonomo rispetto alla professione. Richiede una vocazione. Se quella vocazione non c'è, è inutile provarci.
Sento un profondo disgusto per i giornali, ossia per l'effimero, per il transitorio, per quanto oggi è importante ma domani non lo sarà più.