La satira è un gradino sotto l'ironia.
Pensare è un piacere faticoso, come fare sport.
Si parla spesso del valore educativo della solitudine. Se ne parla però sempre con gli altri.
L'assenza di un diario non la sua esistenza testimonia di una vita dissipata e offesa. Dove non c'è diario, non c'è abbandono.
Non serve rimpiangere quel che non si è letto, o inseguirlo insensatamente e con immane fatica: quello che non si è letto non era stato scritto per noi.
La grandezza nasce dalle ceneri del peggio. Come l'erba è più verde se sotto terra c'è un cadavere in disfacimento.
La satira è estranea a qualsiasi ostilità e significa una benevolenza per una totalità ideale, che essa raggiunge non andando contro ma attraversando i singoli esseri reali.
La satira è un atto sovrumano, perché ci vuole molta grandezza e molto coraggio per calpestare figuratamente la dignità umana.
È tanto difficile fare della buona satira a spese di un uomo di chiara malvagità, quanto lo è lodar bene un uomo di chiare virtù.
La satira è una lezione, la parodia un gioco.
La satira ci rende fieri, come se ci riconoscesse uno stato civile artistico, un diploma che ci sollevi dalla mediocrità e dal grigiore delle parti secondarie.
La scrittura satirica non è uno sport, cioè, non chiede eleganza e rispetto delle leggi, chiede soltanto la forza di una sopraffazione. E a questo punto tutti i mezzi sono buoni.
Lo scrittore satirico non può mai sacrificare qualcosa di superiore per una battuta: perché la sua battuta è sempre superiore a ciò che sacrifica.
Le parodie e le caricature sono le critiche più acute.
La satira non ha padroni, quindi sta bene sotto ogni padrone.
La satira va somministrata con l'imparzialità d'una perfetta burocrazia: senza un occhio di riguardo per nessuno.