La lamentela è il cemento sociale.
Per smascherare la demenza del moderno è necessario diventarlo.
L'assenza di un diario non la sua esistenza testimonia di una vita dissipata e offesa. Dove non c'è diario, non c'è abbandono.
Un'epoca non più superstiziosa dicono, ma in compenso ipocondriaca.
Gettato nel mondo, ne ho guardato i colori e sono stato ottimista. Poi pian piano sono venuto a sapere.
Tutte le forme letterarie convivono col lavoro. Solo l'aforisma, il frammento, uno zibaldone, sono figli dell'ozio.
È un'anima vile quella che, non appena le nubi si addensano o anche soltanto si mostrano all'orizzonte, si rannicchia, si perde d'animo e si lamenta.
Che stoltezza deplorare e lamentare di avere in passato lasciato senza sfruttarla l'occasione offertaci per questa o quella felicità, questo o quel piacere! Che guadagno se ne avrebbe, ora? La secca mummia di un ricordo.
Lamentarsi? No, essere attivo! Deplorare? No, essere soccorrevole! Accusare? No, correggere!
La felicità significa non lamentarsi di quello per cui non c'è niente da fare. Le lamentele sono il rifugio di coloro che non hanno fiducia in se stessi.
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Non lamentarti se non sei ricco o potente: anche un uomo umile e solitario può diventare grande come una montagna.
A lamentarsi sono sempre quelli che hai trattato meglio.
Le recriminazioni sono àncore nella sabbia, impediscono di prendere il largo.