Si dice che la poesia sia cominciata con lo sport.
Gli sport sono un'estesa conversazione, un monologo del corpo sociale con se stesso; non un'immagine o un semplice riflesso, ma un discorso autoreferenziale.
Lo sport impartisce delle lezioni. Lo spettacolo sportivo è educativo, diverte a mala pena, non è fatto per cambiare le nostre idee ma per appagarci di quelle che offre.
L'atleta ha bisogno del poeta, diceva Pindaro: il poeta era necessario al campione perché l'impresa fosse celebrata con versi monumentali.
I poeti son vecchi signori che mangian le stelle distesi sui prati delle loro ville. E s'inventano zingare e more per farsi credibili agli occhi del mondo col loro dolore.
Anche il poeta ha un corpo. Mangia. Invecchia. Anche il poeta è stretto nella sua triste carne.
Scrivere poesie non è difficile. Difficile è viverle.
Io trovo i miei versi intingendo il calamaio nel cielo.
Crediamo di essere i primi a provare certi turbamenti, non sapendo che l'amore è come la poesia, e che tutti gli amanti, anche i più mediocri, pensano d'innovare.
È un paradosso: la danza e la poesia sono tanto simili quanto profondamente diverse, ma al di là di struttura e contenuti emotivi sono unite dal ritmo. D'altronde il ritmo è sovrano di tutte le cose che hanno senso a questo mondo.
È sempre arduo realizzare una vocazione poetica, ma come può essere più difficile per una "donna di casa"!
Chi enuncia delle conseguenze che non sono contenute nelle premesse, potrà fare della poesia, ma non della matematica.
Il poeta non deve edificare, deve soltanto allineare.
La poesia non è un libero movimento dell'emozione, ma una fuga dall'emozione; non è l'espressione della personalità, ma la fuga dalla personalità.