I turisti sono andati in vacanza mentre i viaggiatori hanno fatto qualcos'altro. Hanno viaggiato.
Per un cuoco viaggiare è importantissimo. A patto di farlo con gli occhi e le orecchie aperti. La contaminazione funziona se è fatta in modo saggio, non selvaggio. Senza dimenticare chi sei e da dove vieni.
Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o nel mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti, sempre uguali e sempre diversi come in fondo sono i paesaggi.
Io non sono più la stessa dopo aver visto la lucentezza luna dall'altra parte del mondo.
La carta geografica, insomma, anche se statica, presuppone un'idea narrativa, è concepita in funzione d'un itinerario, è un'Odissea.
Viaggiare è affascinante soltanto in retrospettiva.
E non c'è niente di più bello dell'istante che precede il viaggio, l'istante in cui l'orizzonte del domani viene a renderci visita e a raccontarci le sue promesse.
Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati.
Viaggiare è fuggire il proprio demone familiare, distanziare la propria ombra, seminare il proprio doppio.
Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato.
Dovunque noi siamo, è una tappa nel nostro viaggio verso qualche altro posto, e qualsiasi cosa facciamo, è solo in preparazione al fare qualcos'altro che sarà diverso.