Nell'uomo civile moderno convivono un bimbo, un selvaggio e una bestia.
Quando ascoltiamo qualcuno, ascoltiamo sempre il discorso di due persone: quello del nostro interlocutore e quello che noi facciamo a noi stessi mentre ascoltiamo.
Si è sempre e soltanto ciò che si può essere.
Se esistesse una legge internazionale che obbligasse ogni capo di Stato che dichiarasse guerra a scendere in campo con tutti i suoi consiglieri per combatterla in prima linea accanto ai soldati, nel mondo ci sarebbe sicuramente qualche guerra in meno e, forse, anche qualche pacifista in piú.
Il silenzio è d'imbarazzo a chi non ha nulla da dire.
Il timore è per la speranza compagno inseparabile.
La civiltà di una nazione dovrebbe essere misurata in base alla deferenza verso il sesso debole.
Una civiltà tecnocratica priva dell'apporto sapienziale della religione non sarà mai in grado di produrre e sostenere quell'etica basata sul principio-responsabilità in grado di unire gli uomini tra loro, di cui il nostro tempo ha urgente bisogno.
La civiltà è una terribile pianta che non vegeta e non fiorisce se non è innaffiata di lacrime e di sangue.
Se la civiltà non è nel cuore dell'uomo, ebbene, essa non è da nessuna parte.
La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca.
Gli uomini non nascono civili, lo diventano.
La nostra civiltà è un tempio di ciò che non sorvegliato sarebbe chiamato follia, ma è anche il luogo dov'è tenuto sotto sorveglianza.
La razza umana finirà per eccesso di civiltà.
Accettare la civiltà quale essa è significa praticamente accettare la decadenza.