Una fotografia è insieme una pseudopresenza e l'indicazione di un'assenza.
Fare una fotografia significa partecipare della mortalità di un'altra persona (o di un'altra cosa) ed è proprio isolando un determinato movimento che tutte le fotografie attestano l'inesorabile azione dissolvente del tempo.
Le vittime suggeriscono innocenza. E l'innocenza, per mezzo di una logica inflessibile che regola tutte le relazioni dei termini, suggerisce colpa.
La vita ideale: fare solo cose indispensabili.
Insegnandoci un nuovo codice visivo, le fotografie alterano e ampliano le nostre nozioni di ciò che val la pena guardare e di ciò che abbiamo il diritto di osservare. Sono una grammatica e, cosa ancor più importante, un'etica della visione.
Da quando sono state inventate le macchine fotografiche, esiste nel mondo un particolare eroismo: l'eroismo della visione.
Le fotografie sono forse i più misteriosi tra gli oggetti che formano, dandogli spessore, quell'ambiente che noi definiamo moderno. Esse sono in realtà esperienza catturata, e la macchina fotografica è l'arma ideale di una consapevolezza di tipo acquisitivo.
Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più a ripetersi esistenzialmente.
Fotografare significa attribuire importanza. Non esiste probabilmente soggetto che non si possa rendere bello; non si può inoltre eliminare la tendenza, insita in tutte le fotografie, ad attribuire valore ai loro soggetti.
L'obiettivo fotografico c'era già molto tempo prima di essere inventato; c'era la sua essenza non materializzata. Anche senza un obiettivo puntato addosso, gli uomini già si comportavano come davanti a una macchina fotografica.
La conseguenza più grandiosa della fotografia è che ci dà la sensazione di poter avere in testa il mondo intero, come antologia di immagini; nelle fotografie l'immagine è anche un oggetto, leggero, poco costoso, facile da portarsi appresso, da accumulare, da conservare.
Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare.
La macchina fotografica è uno strumento semplice, anche il più stupido può usarla, la sfida consiste nel creare attraverso di essa quella combinazione tra verità e bellezza chiamata arte. È una ricerca soprattutto spirituale.
Tutto ciò che esiste intesse una relazione, è parte di un rigoroso disegno; quel che a prima vista può sembrare un viluppo di casualità, alla minuziosa analisi della macchina fotografica rivela gradualmente le sue perfette simmetrie. Niente è casuale, niente è banale.