Giacché chi è infamato una volta, non aspetti più perdono.
La pena di morte, oltre che non cura la emendazione della vittima, spegne una vita, non le importa se depravata o santificata dalla sventura, e le basta ad altrui spavento un capo mozzo o un cadavere appeso.
Non vi è cosa, che più all'uomo importi ed a cui sventuratamente meno egli pensi, quanto il conoscer sé stesso, il suo destino, lo scopo della sua esistenza e la miglior maniera di avverarlo.
Il sacrificio di sé, affatto un atto di pazzia.
Anzi il tornaconto è l'unico criterio, con cui giudicare della bontà delle imprese e del pregio delle opere.
Nella regolarità abituale della condotta e quindi nella costante moderazione degli appetiti e delle voglie avendosi la miglior guarentigia di una vita lunga, sana e lieta, sovviene a tal uopo il precetto della temperanza, intesa ancor questa in latissimo senso.
Non sentirti in colpa. Quando t'incontrerò in paradiso, ti darò il perdono cristiano.
Si può perdonare l'offesa, non la bontà.
È umano amare, ed è ancor più umano il perdonare.
Solamente chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa ne perdonare ne punire.
Se del perdono non sarai degno, tutta la vita sarai un legno.
L'adolescente non perdona gli scrittori letti da suo padre.
Errare è umano, perdonare è divino.
Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura.
Le donne ci amano per i nostri difetti. Se ne abbiamo abbastanza, ci perdonano tutto, anche la nostra intelligenza.
Non perdoniamo mai coloro ai quali abbiamo fatto dei torti.