L'estrema punizione per chi cerca mondi migliori è il niente.
Se un uomo è un uomo, non una pecora del gregge, v'è in lui un istinto di sopravvivenza che lo induce a battersi... anche se capisce di battersi a vuoto, anche se sa di perdere: don Chisciotte che si lancia contro i mulini a vento senza curarsi d'essere solo e anzi fiero d'essere solo.
L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.
Oltre a impedire il giudizio morale l'indifferenza soffoca l'istinto di autodifesa cioè l'istinto che induce a battersi.
Un partito non ha bisogno di individui con personalità, creatività, fantasia, dignità: ha bisogno di burocrati, di funzionari, di servi.
Vivere è molto difficile, morire è sempre un dispiacere, e il concetto d'un Dio che aiuta ad affrontare le due imprese può dare un sollievo infinito: lo capisco bene.
La parola più vera, più esatta, più colma di senso è la parola "niente".
Il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.
Chi non ha fatto niente non sa niente.
Se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente, e niente è peggiore del niente: il brutto è dover dire di non esserci stato.
Niente è troppo poco; Dio sarebbe troppo.
Niente è più reale del niente.
Amo molto parlare di niente. É l'unico argomento di cui so tutto.
Non è che se non si crede a niente, non c'è niente. Bisogna trattare il niente come se fosse qualcosa.