Scrivere è anche non parlare. È tacere. È urlare in silenzio.
La solitudine non la si trova, la si crea.
È una meraviglia ignorare il futuro.
La solitudine significa anche: o la morte o il libro. Ma innanzi tutto significa alcol.
La scrittura è l'ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità.
Come la negligenza nel vestire rivela disprezzo per la società nella quale si va, così lo stile affrettato, trascurato, cattivo rivela un offensivo disprezzo per il lettore, il quale poi lo ripaga giustamente non leggendo.
È bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla.
Per me la musicalità sta in ciò che chiamo passaggio, ovvero nel saper legare le varie parti del racconto, senza mai interromperlo bruscamente per passare a qualcos'altro, né costruirlo su un sottofondo monotono nel quale si finisce per distrarsi.
Posso scrivere meglio di chiunque possa scrivere veloce, e posso scrivere più veloce di chiunque possa scrivere meglio.
Il pubblico non ha l'obbligo di essere grato alle persone senza talento della fatica che fanno a scrivere.
Scrivere bene si può, e non è neppure difficile. L'importante è capire chi scrive male, e regolarsi di conseguenza.
È più facile scrivere un libro che venderlo.
Sfido chiunque nel suo momento più buio a scrivere le cose che lo rendono felice, anche quelle sciocchezzuole come l'erba verde o una conversazione amichevole con qualcuno in ascensore. Incomincerà a rendersi conto di quanto è ricco.
Una persona che sa scrivere una lunga lettera con facilità non può scrivere male.
Scrivere bene significa quasi pensare bene, e di qui ci vuole poco per arrivare ad agire bene. Ogni costumatezza, ogni perfezionamento morale proviene dallo spirito della letteratura.