Una guerra non termina con la pace, ma con la guerra successiva.
Le lezioni più utili sono quelle da cui decidiamo di non trarre nessun profitto.
L'uomo, da quando esiste, non ha fatto altro che correggere il mondo, cioè tutto ciò che Dio aveva creato e secondo il Genesi considerava buono.
A ben pensare, ciò che in realtà ci infastidisce non è che gli altri ci contraddicano, ma che ci dimostrino che siamo noi a contraddirci.
È utile avere un'ossessione: ci distrae.
Per lo scrittore la bile può essere un buon ingrediente stilistico.
La guerra sta all'uomo come la maternità alle donne.
La guerra può esistere solo nel mondo della tragedia: fin dall'inizio della storia l'uomo non ha conosciuto che il mondo tragico e non è capace di uscirne. L'età della tragedia può aver fine solo con una rivolta della frivolezza.
La guerra consente di liberare, legittimamente, l'aggressività naturale, e vitale, che è in ciascuno di noi. È evasione dal frustrante tran tran quotidiano, dalla noia, dal senso di inutilità e di vuoto che, soprattutto nelle società opulente, ci prende alla gola.
Preparare la guerra è l'unico modo per mantenere la pace.
La guerra uccide più cornuti di quanto la pace non generi uomini.
Se per decidere se debba esserci o no la guerra, viene richiesto il consenso dei cittadini, allora la cosa più naturale è che, dovendo subire loro stessi tutte le calamità della guerra, rifletteranno molto prima di iniziare un gioco così brutto.
Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi.
Dobbiamo stare attenti a non attribuire a questo trasferimento gli attributi di una vittoria. Le guerre non si vincono con le evacuazioni.
La guerra va incontro a tutte le esigenze, anche a quelle pacifiche.
La guerra è il sistema più spiccio per trasmettere una cultura.