Silvia ti voglio beneSilviaSilviaSilvia che bel nome haiSilviaSilviaSilvia voglio ripeterlo finché non mi piaceràSilviaSilviaSilviaSilviaEcco ora non mi piace più.

Jacques Prévert
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La nostra interpretazione

Una voce che ripete ossessivamente un nome esprime inizialmente un coinvolgimento affettivo intenso, quasi infantile. Il nome diventa un oggetto di desiderio, qualcosa da assaporare e gustare attraverso la ripetizione, come se bastasse dirlo per avvicinarsi alla persona a cui appartiene. All’inizio si intravede una forma di tenerezza, una vicinanza emotiva che non ha bisogno di spiegazioni: basta il suono del nome, legato a un sentimento di attaccamento e forse di innamoramento. Ma proprio l’insistenza cambia la natura di ciò che si prova. La ripetizione svuota, logora, consuma. Il nome, da simbolo di bellezza, si trasforma in una sequenza di suoni che perde progressivamente significato e fascino. Questo processo suggerisce quanto il desiderio sia fragile e quanto anche le emozioni più vive possano mutare nel giro di poco tempo. L’idealizzazione si frantuma di fronte all’abitudine, e ciò che prima sembrava speciale diventa improvvisamente distante, quasi fastidioso. Il passaggio finale segna una rottura interiore: non è più possibile provare lo stesso entusiasmo, come se l’incanto fosse stato consumato dall’eccesso di intensità. Ne emerge una riflessione amara sulla natura mutevole dei sentimenti, sulla precarietà dell’attrazione e sull’illusione che qualcosa possa restare per sempre uguale solo perché lo si ripete o lo si richiama di continuo alla mente.

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