La felicità è conoscere e meravigliarsi.
Quando un uomo, per qualsiasi ragione, ha l'opportunità di condurre una vita straordinaria, ha il dovere di non tenerla solo per sé.
Il mare, una volta lanciato il suo incantesimo, ti terrà per sempre nella sua aura di meraviglia.
Dopo l'istante magico in cui i miei occhi si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima.
Il mare, una volta che ammalia, trattiene per sempre una persona nella sua rete di meraviglie.
Ogni felicità è un'innocenza.
La felicità non dipende da quello che ci manca, ma dal buon uso che facciamo di quello che abbiamo.
La felicità è fuori dalla felicità. Non c'è felicità se non con consapevolezza. Ma la consapevolezza della felicità è infelice, perché sapersi felice è sapere che si sta attraversando la felicità e che si dovrà subito lasciarla. Sapere è uccidere, nella felicità come in tutto.
Considerando com'è il mondo, un giorno di felicità può dirsi quasi un miracolo.
Poiché gli uomini non sono riusciti a guarire dalla morte, dalla miseria e dall'ignoranza, hanno deciso di essere felici non pensandoci.
Essere felici è un crimine: è dunque necessario che la felicità sia punita.
Altri possono conoscere il piacere, ma il piacere non è la felicità. Esso non è più importante di un'ombra segue un uomo.
Più ristretto è il nostro campo di azione, di visuale e di relazioni, e più siamo felici.
Tanto vale l'uomo quanto vale il concetto che egli si forma della felicità.
La felicità è una realtà sfuggente, simile per certi versi a un'anguilla: ogni volta che pensi di averla catturata, ti sfugge.