L'uomo buono deve mostrare nelle sue parole come pensa e nelle sue opere come agisce.
L'avaro e il dissipatore hanno un solo e medesimo difetto. Entrambi non sanno far uso del denaro e per entrambi esso è motivo di infamia. Perciò con ragione entrambi ricevono uguale castigo, perché ugualmente non sono degni di possedere.
I tormenti della bontà che non può sfogarsi, sono forse peggiori di quelli della malvagità sfogata.
Ammettere la bontà al di fuori di sé, significa accettare che non siamo noi i giudici delle cose: se abbiamo ricevuto la vita, non ne siamo padroni.
La bontà che nasce dalla stanchezza di soffrire è un orrore peggio che la sofferenza.
Nell'uomo la bontà è una fiamma che può rimanere celata, ma mai estinguersi completamente.
La bontà vera è, non debolezza, ma forza. L'uomo debole è solo buono in apparenza.
La bontà è un capriccio del temperamento e non abbiamo il diritto di rendere gli altri vittime dei nostri capricci, seppure di umanità o di tenerezza.
Il malvagio pensa sempre a sé, il buono qualche volta agli altri: il più buono è l'innamorato.
Colui che è buono, non sfoggia parole, e chi sfoggia parole, non è buono.
In mezzo alle messi buone non manca mai qualche spiga cattiva, né tra le cattive qualche spiga buona.
Sotto il cielo vi è una cosa soltanto [...] davanti alla quale dobbiamo inginocchiarci: la bontà.