L'uomo buono deve mostrare nelle sue parole come pensa e nelle sue opere come agisce.
L'avaro e il dissipatore hanno un solo e medesimo difetto. Entrambi non sanno far uso del denaro e per entrambi esso è motivo di infamia. Perciò con ragione entrambi ricevono uguale castigo, perché ugualmente non sono degni di possedere.
La bontà è il solo investimento che mai fallisce.
In mezzo alle messi buone non manca mai qualche spiga cattiva, né tra le cattive qualche spiga buona.
Non solo gli uomini, ma anche gli animali nella vecchiaia diventano più buoni.
Ammettere la bontà al di fuori di sé, significa accettare che non siamo noi i giudici delle cose: se abbiamo ricevuto la vita, non ne siamo padroni.
Nessuno è buono, se non Dio solo.
La bontà, che non è mai bonacciona, è difficile perché presuppone la forza di fare i conti con la complessità del reale, in cui coesistono bene e male, fraternità e violenza.
La fede nella "bontà" dell'umana natura è una di quelle tristi illusioni da cui gli uomini si aspettano che la loro vita risulti abbellita e alleviata, mentre in realtà non provocano che danni.
Colui che è buono, non sfoggia parole, e chi sfoggia parole, non è buono.
Se qualcosa è buono, allora è anche divino.
Fai un atto di bontà, casuale, senza aspettativa di ricompensa, e stai sicuro che un giorno qualcun altro potrebbe fare lo stesso per te.