La maggioranza degli uomini vive in quieta disperazione.
Non c'è valore nella vita eccetto ciò che scegli di mettere in essa e nessuna felicità in nessun posto eccetto ciò che gli apporti tu.
Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il diritto di rifiutare l'obbedienza, e d'opporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili.
Gli uomini sono diventati strumenti dei loro stessi strumenti.
L'espressione è l'atto dell'uomo completo. L'intelletto è impotente a esprimere il pensiero senza l'aiuto del cuore, del fegato e di ogni organo.
Se sembra che io mi vanti più del decoroso, la mia scusa è che mi vanto per l'umanità piuttosto che per me stesso.
In amore il solo fallimento consiste nel non tentare più.
La rassegnazione è il coraggio del dolore cristiano.
A questo mondo vi è poca gente che si rassegna a perdite piccole, sono le grandi che inducono immediatamente alla rassegnazione.
Nell'amore come nell'attività creativa, la rinuncia è meglio di una cattiva realizzazione.
Trovo che per vivere c'è bisogno solo di rassegnazione; dinanzi alla morte invece non provo altro che gioia.
La maggioranza dell'umanità vive un'esistenza di quieta disperazione. Ciò che chiamiamo rassegnazione non è altro che disperazione cronica.
Uno può mancare il bersaglio mirando troppo in alto, così come troppo in basso.
Nella vita dell'uomo non si può dire la parolaccia «ormai»: si può e si deve sempre ricominciare, perché le persone hanno energie impensabili di bontà da stanare e far crescere, mettere a disposizione e canalizzare.
Appare diffusa nel Bel Paese, tra la generale rassegnazione (o complicità?), la convinzione che il servizio per il quale si è pagati sia in realtà un magnanimo gesto di cortesia verso chi lo richiede.
Non esistono condizioni meteo sfavorevoli, esistono uomini che si arrendono.