L'uomo vive di pane e pigiama.
Finché c'è al mondo un bimbo che muore di fame, fare letteratura è immorale.
In definitiva, ha qualcosa da insegnare solo chi non vuole insegnare.
Essere ebreo è una condizione umana estrema, terribile e insondabile; una condizione di cui l'occidentale ha paura; e noi sappiamo che si ha paura di ciò che sta dentro di noi, non di ciò che ci è estraneo.
Letteratura è un gesto non solo arbitrario, ma anche vizioso: è sempre un gesto di disubbidienza, peggio, un lazzo, una beffa; e insieme un gesto sacro, dunque antistorico, provocatorio.
"Aver ragione" è la naturale vocazione della follia.
La disperazione è perfettamente compatibile con una buona cena, vi assicuro.
Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare.
Non mangia che colombe l'amore, e ciò genera sangue caldo, e il sangue caldo genera caldi pensieri e i caldi pensieri generano calde azioni, e le calde azioni sono l'amore.
Meglio chi mangia carne seicento volte l'anno di chi la mangia, tanto per consentire, una volta la settimana: nel carnivorismo cieco, totale, tigresco, c'è una specie di innocenza, è materia che divora se stessa; in quello sporadico c'è l'uomo e la sua colpa.
Il buon cibo è il fondamento della vera felicità.
Ciò che è insaziabile non è lo stomaco, come dicono i più, ma l'opinione falsa che lo stomaco richiede sazietà illimitata.
Più che mangiare, siamo mangiati dal cibo che ci impongono.
Bisogna alzarsi da tavola con la fame.
La carne rossa NON ti fa male. È la carne blu-verdastra che ti fa male!
Al ristorante il piatto del giorno va bene a condizione di sapere in che giorno è stato preparato.