"Aver ragione" è la naturale vocazione della follia.
La sensazione che provocano le casupole infime, sudice, infette, barcollanti tra rigagnoli e immondizie, è stranamente liberatrice: non c'è alcun tentativo di velare, di nascondere, di eludere la fondamentale sporcizia dell'esistere, la sua qualità escrementizia e torbida.
I poveri sono le brioches dell'anima.
L'uomo vive di pane e pigiama.
Nella nostra cultura noi non riusciamo a pensare al paradiso, per il momento, se non come una variante particolarmente luminosa del nulla.
L'ebreo è esule: e noi crediamo di non esserlo?
L'amore è la saggezza dello sciocco e la follia del saggio.
Spesso le cose interessanti sono le più folli.
Fino ai quarant'anni l'uomo è folle; quando poi inizia a riconoscere la sua follia, la vita è già passata.
Il culmine della follia non è forse pensare che l'essere è il nulla? E "nichilismo" non è forse, innanzitutto, pensare che l'essere è nulla?
A volte la fatica cancella tutto e non concede la possibilità di capire che l'unico modo valido di seguire la ragione è abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia.
Dobbiamo ammaliare la verità, darle l'apparenza della follia.
La follia è nei singoli qualcosa di raro, ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola.
La massima saggezza confina con la più grande follia.
La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d' essere.
In questo mondo devi essere matto. Se no impazzisci.