L'aforista è un solitario e un malpensante per definizione, un censore implacabile dei vizi del mondo.— Gino Ruozzi
L'aforista è un solitario e un malpensante per definizione, un censore implacabile dei vizi del mondo.
Nonostante il luogo comune i singoli aforismi non sono monadi a sé stanti ma dialogano tra loro, creando un effetto di legame reciproco.
L'aforisma sollecita il pensiero, sprona a nuove azioni e riflessioni. Forse è per questo che di norma si parla di aforismi e non di aforisma. Ogni aforisma chiede nuovi aforismi, successivi sviluppi di pensiero.
La maggior parte degli aforisti è conservatrice, nel senso che non crede attuabile alcun cambiamento sostanziale: l'uomo è quello che è, povera cosa, in eterno.
Lo scrittore di aforismi si sente quasi sempre straniero e in esilio, comunque, separato dal resto. Il suo è per lo più un giudizio di differenza e di distacco, con cui egli sottolinea la sua personale integrità rispetto all'ipocrisia e alla corruzione del mondo.
Lo scrittore di aforismi esprime in primo luogo la morale della verità, aggrappata alle cose e alle persone. Egli non è uno scrittore di fantasia, ma di realtà. Il suo obiettivo è descrivere le cose, non inventarle. Questo lo rende subito ostico, scomodo.
Leggendo i grandi autori di aforismi si ha l'impressione che si conoscano tutti bene fra loro.
Gli scrittori di aforismi, che sono in primo luogo scrittori di meditazione, offrono l'opportunità di scandagliare gli umori oscillanti del nostro tempo.
Gli scrittori di aforismi sono come i paesi sottosviluppati: vendono le loro materie per poco.
Lo scrittore di aforismi ricerca; contrariamente a quanto si crede, è raro che egli esprima certezze assolute; piuttosto egli racconta i risultati di un'esperienza, che come tale è limitata, anche se provata.
Tutto ciò che l'aforista può fare è stabilire le assi di riferimento.
È dovere dell'aforista non appartenere alle bande d'affori o d'affari.