L'insegnare non è quasi altro che assuefazione.
Parecchi filosofi hanno acquistato l'abito di guardare come dall'alto il mondo, e le cose altrui, ma pochissimi quello di guardare effettivamente e perpetuamente dall'alto le cose proprie.
Tutto è o può esser contento di se stesso, eccetto l'uomo.
L'uomo si disannoia per lo stesso sentimento vivo della noia universale e necessaria.
Nessuna opinione, vera o falsa, ma contraria all'opinione dominante e generale, si è mai stabilita nel mondo istantaneamente e in forza d'una dimostrazione lucida e palpabile, ma a forza di ripetizioni e quindi di assuefazione.
Chi non sa che quasi tutti i piaceri vengono più dalla nostra immaginativa, che dalle proprie qualità delle cose piacevoli?
Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
L'idea che si possa insegnare senza difficoltà deriva da una rappresentazione idealizzata dello studente. Il buon senso pedagogico dovrebbe rappresentarci il somaro come lo studente più normale che ci sia.
Insegnando s'impara.
Colpisci uno per insegnare a cento.
Durante i miei nove anni alle scuole superiori non sono riuscito a insegnare niente ai miei professori.
Non si può insegnare a più d'uno. Non s'impara qualcosa dagli altri che nelle conversazioni a due, dove colui che insegna si adatta alla natura dell'altro, rispiega, esemplifica, domanda, discute e non detta il suo verbo dall'alto.
Lunga è la via dell'insegnare per mezzo della storia, breve ed efficace per mezzo dell'esempio.
C'è un duplice vantaggio nell'insegnare, perché, mentre si insegna, si impara.
In definitiva, ha qualcosa da insegnare solo chi non vuole insegnare.
Non puoi insegnare niente a un uomo; puoi solo aiutarlo a scoprirlo in sé stesso.