Il drammaturgo descrive gli uomini. Per farlo prende degli attori.
Qualsiasi imbecille poteva sentirsi un essere superiore nella solitudine dei monti.
Se la realtà potesse parlare non enuncerebbe formule di fisica ma canterebbe una canzone infantile.
La casa: in realtà un tempo era stata orribile, una sentina di vizi architettonici.
Ogni fantasma, ogni creatura d'arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d'essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.
I più scoprono il cinema e abbandonano il teatro, io mai. Per me il teatro è un bisogno, perché solo qui mi sento realmente creatore di quello che faccio. Al cinema c'è un direttore d'orchestra. A teatro sei responsabile, sei tu che cavalchi la bestia.
Per noi attori il cinema è un compromesso, lo accettiamo per diventare più popolari e far venire la gente a teatro, che è il nostro vero habitat.
Io faccio del teatro, non della letteratura. E dal teatro tengo lontano tutto ciò che può danneggiarlo: i registi, i testi inutilmente intellettuali, gli scandali.
Non voglio che il mio teatro sia "civile" per differenziarlo da quest'altro teatro di "morti": io faccio teatro e basta.
La performance non è un'illusionistica copia della realtà, nè la sua imitazione. Non è una serie di convenzioni accettate come un gioco di ruolo, recitato in una seperata realtà teatrale. L'attore non recita, non imita, o pretende. Egli è se stesso.
Un buon maestro di ballo è contemporaneamente autore e macchinista di teatro.
La mia giovinezza è il periodo che ricordo più spesso, anche se non è stato facile, ma pieno di parole che si confondevano con il teatro.
Teatro popolare è uno slogan vuoto che ha senso solo se lo spazio diventa davvero popolare, se la gente avverte che stai lavorando in una certa direzione e non, pardon, per farti le pippe.
Gli uomini devono sapere che in questo teatro che è la vita umana è concesso solo a Dio e agli angeli di fare da spettatori.