Amo le labbra: le amo perché sono costrette a non toccarsi se vogliono dire "Ti odio" e obbligate a unirsi se vogliono dire "Ti amo".
— Fabio Volo
28
La nostra interpretazione
Le parole d’amore e di odio vengono messe in relazione attraverso un dettaglio fisico, apparentemente banale: il modo in cui le labbra si muovono per pronunciarle. In questo gioco di contrasti, l’odio richiede una distanza, un distacco, persino nel gesto più semplice del parlare. Le labbra devono rimanere separate, non possono incontrarsi, come se il sentimento di rifiuto imponesse una sorta di barriera anche a livello corporeo. L’amore, al contrario, chiede un contatto; per esprimersi, costringe all’unione, alla vicinanza, alla complicità. È come se il linguaggio rivelasse, attraverso la sua stessa struttura, la natura dei sentimenti che porta con sé: l’odio separa, l’amore avvicina.
In questo modo emerge un’idea di amore legata al gesto, non solo alla parola. L’unione delle labbra richiama il bacio, la tenerezza, la scelta di esporsi all’altro. La frase mette in luce la bellezza di una semplicità quotidiana: nei piccoli movimenti del corpo, nelle sillabe minime, si nasconde una verità profonda sulle relazioni umane. Amare significa accettare di annullare una distanza, avvicinare ciò che potrebbe restare diviso, permettere a due elementi separati di incontrarsi. Persino il corpo, prima della mente e delle intenzioni, sembra schierarsi dalla parte dell’amore, mostrando come il contatto, la prossimità e la fusione siano la condizione necessaria perché il sentimento possa manifestarsi davvero. L’amore viene così raffigurato come una forza che unisce, mentre l’odio è ridotto a un gesto di separazione, freddo e rigido, incapace di creare legami.