L'arte di vivere è l'arte di saper credere alle menzogne.
Non si desidera di godere. Si desidera sperimentare la vanità di un piacere, per non esserne più ossessionati.
Si fa all'amore per ferire, per spargere sangue. Il borghese che si sposa e pretende una vergine, vuole cavarsi anche lui questa voglia.
Tutto ciò che non bastiamo da soli a compiere, diminuisce la nostra libertà.
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi- questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. I tuoi occhi saranno una vana parola, un grido taciuto, un silenzio.
Un uomo sano di mente è soltanto uno che sa mentire meglio di un pazzo.
Dopo aver mentito occorre buona memoria.
Ovunque si vada, regna la menzogna. La forma che essa assume nel XX secolo è soprattutto quella brutale, appariscente e chiassosa dell'impostura, quella del XIX secolo, più ovattata, era l'ipocrisia.
Noi mentiamo il meno possibile solo quando mentiamo il meno possibile, non quando ne abbiamo pochissime occasioni.
Le menzogne sono o mute o parlanti, e le mute sono più pericolose delle parlanti.
Mentire è un difetto in un ragazzo, un'arte in un amante, una conquista in un scapolo, e una seconda natura in un uomo sposato.
Non ho nulla contro la menzogna, ma odio l'imprecisione.
Il mentitore dovrebbe tener presente che, per essere creduto, non bisogna dire che le menzogne necessarie.
Non servitevi dunque di questo termine così nobile, ideale, quando per dire la stessa cosa abbiamo nella lingua di tutti i giorni un'espressione eccellente: menzogna.