L'amore passionale, quello dei grandi romanzi, si può anche non incontrare. Ma esiste un obbligo, ed è quello di guardarsi in faccia. Altrimenti diventa un reato, il reato dell'inganno e della menzogna.

Barbara Alberti
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La nostra interpretazione

Nel rapporto tra due persone il sentimento travolgente, assoluto, spesso idealizzato nella letteratura e nel cinema, non è garantito né dovuto. La vita reale può non offrire quell’intensità drammatica che popola i grandi romanzi, e questo non rappresenta un fallimento. Ciò che invece non è facoltativo è la responsabilità di guardarsi davvero, di restare presenti a sé stessi e all’altro, con lucidità e coraggio. Guardarsi in faccia significa riconoscere la verità del proprio sentimento, ammettere cosa c’è e cosa non c’è, senza alimentare illusioni né rifugiarsi nella comodità della finzione. Il tradimento più grave non è la mancanza di un amore epico, ma la rinuncia alla sincerità. Fingere di provare ciò che non si sente, nascondere dubbi, spegnere la propria autenticità per non disturbare, genera un torto profondo. Si viola la dignità dell’altro e la propria. L’inganno affettivo diventa una forma di violenza sottile, perché nega alla persona la possibilità di scegliere consapevolmente la propria vita. In questo senso, la verità emotiva, pur dolorosa, è un dovere morale: non assicura la felicità, ma preserva la libertà e il rispetto reciproco. L’amore, quando c’è, trova la sua nobiltà non nell’enfasi romantica, ma nella trasparenza e nella lealtà di chi sceglie di non nascondersi.